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12.09.2022
MILLE PENSIERI PER GIANNI
Antologia Critica
Sabino Manganelli - Salvatore Di Bartolomeo - Sandra Orienti - Santa Fizzarotti - Silvio Zanella
Stefano de Stefano - Stefano Taccone - Stella Cervasio - Tiziana De Tora - Tiziana Tricarico
CHI WHO
S/T
Sabino Manganelli
ARTICOLO DI SABINO MANGANELLI APPARSO SULLA RIVISTA '' ECO D'ARTE MODERNA'' N. 123 DEL LUG/AGO/SETT 1999 X RECENSIONE DELLE MOSTRE DEL GRUPPO '' GENER-AZIONI'' PRESSO GLI SPAZI DI ERCOLANO VILLA CAMPOLIETO E NAPOLI CASINA POMPEIANA FRA MAGGIO E SETTEMBRE 1999
Ercolano e Napoli- ''Gener-azioni'': geometria e ricerca nelle opere di sei artisti campani
"Gener-azioni", l'eccezionale e felice connubio di ricerca pittorica fra componenti astratte, geometriche ed informali, instauratosi sin dal 1996 fra gli artisti campani Domenico Spinosa, Renato Barisani, Carmine Di Ruggiero, Gianni De Tora, Mario Lanzione e Antonio Manfredi, fra decani dell'arte e mature e giovani presenze, ha continuato a proporsi con altre due importanti presenze: alla fine di maggio nei sontuosi spazi della bellissima Villa Campolieto di Ercolano e a fine luglio alla Casina Pompeiana della Villa Comunale di Napoli. Si ricordano le loro precedenti presenze nel 1997 a Nocera Inferiore, a Casoria e all'"'Arte Fiera" di Bologna; nel 1998 all"'Expo Arte" di Bari; nel 1999 a Cardito. Nelle opere dei sei artisti, abbinate diversamente in mostra, si evince una lineare ed osmotica continuità di costante ricerca le cui singole espressioni pittoriche, nell'essenzialità dei segni e delle forme, trasmettono e rimandano reciprocamente segnali, incidenze di percorso e poetiche suscitazioni con interventi, riflessioni ed estrinsecazioni di natura semantica e semiotica sulla diversa espressione e rappresentazione della sintassi idiomatica particolarmente del segno, e della forma e del colore, corroborata da calibrati, euritmici equilibri e scansioni e tangenze di piani e di stesure. Nella loro costante e partecipativa ricerca geometrica astratto-concreta rilevia- mo la rigorosa essenzialità strutturale, spaziale e pigmentale di Barisani; le vivide compenetrazioni di luce-colore-forma di Lanzione; le essenzialità strutturali e pigmentali cromatico-formali di Manfredi; la poetica pastosità formale e cromatica di Spinosa; l'essenzialità del rapporto segno-materia-forma di Di Ruggiero; e le cupe e razionali elementarità segniche e cromatiche di De Tora. La mostra di Ercolano è stata promossa ed organizzata dal Centro Studi "La Fayette" di S. Giorgio a Cremano, patrocinata dall'Ente Ville Vesuviane con il concorso degli Assessorati della Regione Campania e dei Comuni di Ercolano e Napoli. Quella di Napoli dall'Assessorato alla Cultura del Comune. Entrambe le mostre, che hanno presentato nuove e diverse opere degli artisti, sono documentate da due differenti cataloghi editi dall'Istituto Grafico Editoriale Italiano di Napoli; con testi, nel primo di Ercolano, di Giorgio Segato e Riccardo Notte e nel secondo, a Napoli, di Segato, Marco Meneguzzo, Ela Caroli e dall'Assessore alla Cultura D'Agostino. Sono ricchi anche di testimonianze degli stessi artisti e di Vitaliano Corbi, Nicola Scontrino e Manuela Crescentini. Questo interessante gruppo artistico, l'unico in Campania, ad oggi, ad operare con coerenza e ri- spetto delle buone regole del fare arte e del saperla gestire e proporla, si presenterà in seguito, probabilmente, anche a Milano
TRATTO DALL'ARTICOLO DI SABINO MANGANELLI APPARSO SULLA RIVISTA ''CHIAROSCURO'' DEL GENN/MARZO 2001 DEDICATO AL ''GRUPPO GENERAZIONI''
Il ''Gruppo Gener-azioni'' – per una memoria storica campana
I pulsivi fermenti dell' arte, e della sua caleidoscopica e coinvolgente fenomenologia, sono e si presentano mutevoli e seducentemente cangianti e meravigliosi nel tempo lasciando ampio e libero spazio alla creatività, all' espressione, alla ricerca, sia individuale che collettiva quanto di gruppo. Ed essi possono durare nel tempo, fedeli ad una linea artistica e storica come per I 'Informale, l' Astrattismo, l'Espressionismo, che hanno lasciato una rimarchevole orma che ancor oggi viene ricordata e rialitata, o nascere e morire in pochi anni di entusiasmo e fervore creativo ed espressivo come alcuni delle ultime generazioni. Come si osserva stupefatti nel cielo il notturno, magico spettacolo delle stelle che brillano e poi si frantumano nel nulla, e nel cosmo dei satelliti che ruotano, come figli, perennemente attorno ai pianeti, similmente avviene anche nel sistema dell'arte ove l'avvicendarsi degli eventi è costellato da tanti brillii e luminescenze che il bagliore di un nugolo di lucciole è poca cosa al confronto. Ed è da affermare, in argomento che, oggi come oggi, l'arte è decisamente scombicchierata, drogata, ammaliata, mercificata e, si oserebbe dire, asessuata; un'arte "transessuale" che non possiede più, come una volta, una sua ben precisa identità, che si mira e rimira in un emblematico "specchio di Narciso" per compiacersi di vanità, di vizi, pretenziosi presenzialismi ed avide, incontrollate concupiscenze, e allettanti e permissivi intrighi, e ben rare si contano e si notano quelle "ecceità" che faticosamente emergono o riescono ad emergere dalla contemporanea, scura palude di un emblematico, novello Stige danteseo mantenendo la loro incontaminata verginità e professionalità come, ad esempio, il gruppo "Immanentista" ed il gruppo "Gener-azioni" di cui peculiarmente si parla nel presente contesto discorsivo. La maturità e la saggezza si acquistano con l'esperienza e con la frequentazione della vita e soltanto così si può giungere a creare e/o a dire qualcosa che resterà imperituro e storicizzato nel tempo come ce l'ha offerto, ad esempio, il "Gruppo degli Otto", da cui è emersa la forte personalità di Emilio Vedova, ed il gruppo del "Realismo Esistenziale", E tal dicansi, a voler ben dire, per il coerente e maturo gruppo campano "Gener-azioni" composto da sei artisti che abbracciano diverse fasce di età, d'espe- rienza e di umori espressivi, ma che si mostrano univoci nelle affinità elettive d'espressione e di ricerca, quali essi sono Renato Barisani, pietra miliare dell'avanguardia artistica napoletana, insieme a Domenico Spinosa, Carmine Di Ruggiero, Gianni De Tora, Mario Lanzione ed il giovane Antonio Manfredi. Di questa aggregazione artistica l' etimo del termine "Gener-azioni" dà adito, indubbiamente, a diverse ed interessanti interpretazioni e suscitazioni sintattiche e linguistiche che variamente interessano, comunque sia, la loro comunione ed affinità d'interessi e di ricerca sul piano espressivo e di lavoro, sebbene ognuno mantenga le proprie idee soggettive di interiore poeticità artistica. A ben dire, c'è un filo sensibile e sottile, un serpeggiante ma stimolante "feeling" che lega il loro lavoro. Difatti, ciascuno di loro, all' interno del vivo tessuto creativo ed operativo che li lega, "genera" manufatti, opere d'arte, a ben dir si voglia vere opere d'arte all'insegna di sani valori estetici, semantici e semiotici; interiori suscitazioni la cui diversa armonia di segni, in modo particolare, e di forme, luci e colori s'incontra ed osmoticamente si completa in diverse ma univoche "azioni" che si estrinsecano, soggettivamente e liberamente, all'insegna della matrice originaria che li lega, loro fonte primigenia di ricerca e di espressione, ovvero la poetica artistica astratto-informale e le sue diverse tendenze ed evoluzioni come l'informale materico e l'astrattismo geometrico. E, quindi, questo ben affiatato ed interessante gruppo campano, che stà mostrando, per "generazioni" (d'età e annue fasi artistiche di ricerca e d'espressione), in diverse esposizioni in territorio campano, come anche all' Arte Fiera di Bari e di Bologna, la sua forza e maturità espressi- va e professionale, "genera" (il loro atto estrinsecativo d'espressione artistica) "azioni" (i loro lavori, le loro opere d'arte); e tale metonimico gioco di parole è suggestivamente emozionante ed eccitan- te in seno ad una animosità e produttività "in progress" così come si riscontra nel loro lavoro. E, pertanto, uno degli elementi aggregativi è giusto una scala di "generazioni" che si snoda da Spinosa a Barisani, ai più giovani Di Ruggiero, De Tora, Lanzione a Manfredi, non solo per quel che riguarda l'età, ma anche per quel che riguarda la diversa operatività qual quella di ieri, come in Barisani e Spinosa, che è ancora viva ed attuale oggi, qual quella di mezzo in De Tora e Di Ruggiero, e qual quella di oggi in Lanzione e Manfredi. E, contestualmente parlando, si nota in essi come l'operatività e l'espressività di ieri di Barisani si presenta oggi parimenti tanto innovativa quanto quella di Manfredi; così come sorge una certa affinità di geometrismi fra De Tora e Lanzio- ne e fra Barisani e Manfredi a livello d'uso di materiali diversi e combinati e di sculture-installazioni; e fra Spinosa e Di Ruggiero a livello di corposità e pastosità di stesure pigmentali, segniche e formali; di euritmie del segno e del colore fra Di Ruggiero, Lanzione e De Tora, per citare alcune affinità. Rimandi, affinità ed omologie che giocano osmoticamente su rituali, freddi orditi compositivi ed espressivi, ove il colore si può dire che sia un codice complementare rispetto alla preponderanza inequivocabile del segno, ad eccezione di Spinosa ove il colore si avverte caldo, vivo e coinvolgente. Ma è bene immergersi nel vivo del contesto discorsivo volendo conoscere più a fondo la personalità e l'interiore espressività di questi artisti e del loro interessante operato [......]
Cupe, razionali e fredde elementarità segniche, formali e cromati che si rilevano nelle essenziali composizioni di Gianni De Tora. Una sintassi espressiva, ermetica e riduttiva della fenomenologia dei segni, dello spazio e della complementarietà delle avare cromie che, nella loro monocromia delle stesure, scandiscono i piani di strutturazione e composizione geometrica degli orditi, studiati e meditati con rigore, nella loro rituale scansione geometrica in un'interessante alternanza ottica di campiture lucide ed opache, di emergenze e regressioni, come un quadro dentro un quadro, o più quadri in uno, che attorniano il ritmico scandire, per lo più centrale, in aree quadrate o rettangolari, di quel brusio di cromatici, criptici segni segmentali che, come in un'emblematica danza crittografica, caratterizzano il peculiare idioma dell' artista [.....]
È da dire, per un rilevante inciso storico al presente contesto discorsivo, che il connubio di questi sei artisti campani è sostanzialmente un' ennesima filiazione o germinazione, su basi contemporanee, di altri gruppi di ricerca e di espressione artistica che si sono avvicendati a Napoli dagli anni '50 agli anni '70 quali il gruppo "Arte concreta" (1954, di cui fecero parte Renato Barisani, Renato De Fusco, Guido Tatafiore e Antonio Venditti), derivazione del MAC fondato nel 1948, e il gruppo "Geometria e Ricerca" (1976, di cui fecero parte Barisani, De Tora, Di Ruggiero, G. Tatafiore, Testa, Trapani e Riccini) che è stato ampiamente trattato da Luigi Paolo Finizio nel libro "L'Immaginario geometrico". Gruppi di ricerca e di espressione, come quello attuale di "Gener-azioni", che si sono mossi su basi e referenti metodologici ed espressivi storico-artistici del- I 'Informale (come Afro, Emilio Vedova, Renato Birolli, Antonio Corpora, Toti Scialoja, Ennio Morlotti, Giuseppe Ferrari) e dell' Astrattismo (come Mario Radice, Eugenio Carmi, Luigi Veronesi, Manlio Rho, Carla Badiali) e loro derivazioni nel tempo quali l'informale materico, l'informale naturalistico, l'astratto concreto, l'astrattismo geometrico. È da notare, in argomento, come alcuni protagonisti napoletani dei gruppi di ricerca di ieri siano presenti anche oggi in "Gener-azioni", quali Barisani, Di Ruggiero, De Tora, e come tale ricerca prosegua, sebbene siano mutati i tempi ed i modi, con rigore, coscienza e professionalità emarginando a priori ogni intrusione e/o condizionamento e seduzione del marasma incontrollabile del contemporaneo sistema dell'arte. E questo, indubbiamente, è un dato di fatto encomiabile per loro. Questo gruppo di "Gener-azioni" opera, quindi, su referenti dell' astrazione geometrica (accennando della corrente artistica ad alcuni, moderni protagonisti quali Gualtiero Nativi, Franco Giuli, Nino Di Salvatore, Vinicio Berti, Michele Cossyro), che si nota in De Tora e Manfredi e molto forte in Lanzione; e frammenti d' informale come per Di Ruggiero e Barisani, e per Spinosa su memorie dell 'ultimo informale naturalistico di Morlotti e di De Gregorio, Raspi e Marignoli. La costanza, la forza, la coerenza e la professionalità sono alcuni dei tanti attributi che fanno la storia, che storicizzano atti, fatti e personaggi nel tempo e nella memoria che non cancella ciò che ha contribuito al progresso nell'arte. E tanto alita e vive in questo affiatato ed interessante gruppo campano per il quale non si vorrà che sia solo un conato di momentanee incursioni ma che esso continui nel tempo e progredisca sia nel varcare la sospirata e fatidica "soglia" al di là della quale la memoria resterà imperitura nel tempo.
Salvatore Di Bartolomeo
ARTICOLO DI SALVATORE DI BARTOLOMEO SUL QUOTIDIANO “NAPOLI NOTTE” PER RECENSIONE MOSTRA PERSONALE ALLA GALLERIA S.CARLO A NAPOLI DEL 1970
LA MOSTRA DI DE TORA
Recentissima la personale di Gianni De Tora nei locali di via Chiatamone 57.
Dotato di una grafica dinamica e ben strutturata, De Tora nel suo discorso visivo è sollecitato da istanze culturali, che lo inducono sovente a schemi cartellonistici. La sua tematica è condotta in chiave cronachistica imperniata su fatti e mostruosità belliche della nostra epoca.
Una condanna alla violenza e alla soppressione.
Quattordici opere ed una serie di bianchi e neri, grafica policroma o a tecnica mista, in un discorso figurale dove il segno geometrico circoscrive l'immagine e diventa simbolo nella sua rappresentazione. La figura -zumata- è concepita quale elemento compositivo e che assume la sua importanza (a prescindere dal valore rappresentativo) in virtù di una particolare posizione nel ritmo totale dell'opera a campiture piene, con prevalenza di verdi, gialli e rossi. Cerchi, tangenti e parallele - netti e determinanti - portano a ben individuare il concetto schematico dell' opera stessa.
Più interessante, dal punto di vista di libertà espressiva, la serie dei bianchi e neri e dei policromi, che completano la mostra di De Tora alla "S. Carlo".
Per la cronaca di attualità: "Establishement", "Telecronaca '69", "Black man" ,"Vietnam ora zero" e "Figlia dei fiori".
Sandra Orienti
TESTO DI SANDRA ORIENTI NEL CATALOGO DELLA MOSTRA PERSONALE ALLA GALLERIA STUDIO INQUADRATURE 33 DI FIRENZE 1974
TESTO PRESENTE ANCHE SULLA RIVISTA “D'ARS” DI MILANO ANNO XVI N. 76/77 DEL 1975
L'operazione di De Tora si compie secondo un processo inventivo per il quale la necessaria selezione degli elementi estratti dal mondo della geometria giunge a precisare il carattere di una articolazione, in estensione e in profondità, mediante episodi che vengono a sfalsare, con felice intenzionalità, un impegno distributivo di ineccepibile rigore, in virtù dello spiazzamento provocato da una sorta di sottile ironia dell'immaginazione.
La forma capitale, entro e per la quale si enuclea il comporre di De Tora, è la sfera; e in qualunque parte della superficie essa stabilisca la sua esigente presenza, riesce a captare ogni capacità di attrazione che il suo ruolo richiede: non solo o non tanto nei confronti di chi osservi, quanto rispetto all'ordine dell'opera che ha, in quella forma, il suo nodo provocatore; e soprattutto perché la sfera, o il cerchio, quando la sua accezione sia da intendere con minore tensione tridimensionale, accentra e risolve l'animosità dei rapporti con gli altri elementi e delle interferenze interne che la significano, e stabilisce, nella sequenzialità degli accadimenti relativi alle sottili manipolazioni della forma e al suo proporsi nella gradualità dei piani, un attrito dinamico. Un attrito che risulta per ciò conseguente, anche se non sempre del tutto logico, e che proprio per questo si rivela inquietato da un umore sàpido, capace di contendere, fin dal progetto, i propositi dell'« esprit de géometrie ».
ARTICOLO DI SANDRA ORIENTI APPARSO SUL “IL POPOLO” DI ROMA DEL 28.11.1975 X RECENSIRE LA MOSTRA PERSONALE ALLA “ARTECOM” DI ROMA
DE TORA
Negli ultimi due anni, Gianni De Tora ha mostrato di mettere a fuoco il nodo delle sue ricerche, ora decisamente rivolte a riscattare certi indugi che sembravano legarlo a irrisolutezze formative.
Infatti, i dipinti presentati all'Artecom (viale Manzoni 26) sono l'un l'altro legati dalla necessità di aderire con convinzione operativa al processo ricognitivo delle sue possibilità e delle sue intenzioni.
Se scrive che ricorda “i colori dell'arcobaleno quando erano puliti”, conclude affermando di ricercare “la ricostruzione dell'io”; e il suo lavoro si stabilisce fra questi due termini, distanti ma non opposti.
Per affermarne la sostanza, dipinge una serie di “mutazioni”: del sole? Più appropriato, forse, della luce: perchè, infatti, l'orditura è nitidamente geometrica, ma è proprio attraverso questa, e gli accadimenti previsti e risolti con lucida razionalità nel variare di “sottomultipli” pure geometrici, che De Tora prende coscienza anche di realtà sensibili e naturali che nello scatto progressivo degli elementi strutturali vengono ad essere decifrate e comprese.
Il controllo del colore e in esso la lama interferente di luce, giocata anche nel ruolo del bianco, corrobora ed attiva il sostenuto percorso analitico.
ARTICOLO DI SANDRA ORIENTI APPARSO SUL QUOTIDIANO “IL POPOLO” DEL 7 SETTEMBRE 1980 X RECENSIONE DELLA PUBBLICAZIONE DEL VOLUME DI LUIGI PAOLO FINIZIO '' L'IMMAGINARIO GEOMETRICO'' DEDICATO AL GRUPPO GEOMETRIA E RICERCA
Ricognizione nella pittura napoletana
In tempi di rivisitazioni e di critico assestamento, ogni contributo, inteso a chiarire i ruoli di particolari aree geografico-culturali rispetto ad una più vasta situazione artistica, risulta estremamente positivo.
Risponde a questo atteggiamento lo studio recentemente condotto da Luigi Paolo Finizio, pubblicato col titolo l' Immaginario Geometrico (Istituto Grafico Editoriale Italiano, Napoli, 1980), che si propone come esemplare indagine attorno ad una aggregazione di artisti napoletani - Barisani, De Tora, Di Ruggiero, Riccini, Tatafiore, Testa, Trapani - in ciascuno dei quali ''orientate secondo geometria'' si rivelano ''non solo la definizione formale di immagine ma non di meno le procedure di costruzione e di proponimento semantico''.
La ricognizione di Finizio all'interno dell' ''incavo incondizionato dell'immaginario'', nelle declinazioni diverse a seconda delle individualltà dei sette artisti prescelti e nel variato, se pur coerente, susseguirsi di tempi operativi, non si propone però di estrapolare il gruppo (autodefinentesi nel programma che lo intitola, Geometria e ricerca) dal resto della complessa situazione napoletana. L'autore, insomma, evita di caricare il gruppo di uno stacco privilegiante rispetto alla molteplicità delle posizioni artistiche italiane degli ultimi decenni, perché intende invece collocare la compagine all'interno di una pluralità di atteggiamenti e di rimandi che lasciano individuare le vettrici polarizzanti dell'arte concreta, da un lato, dell'informale, dall'altro. Tanto che, quella che alle prime sembra presentarsi come perlustrazione interna alla vicenda dei sette artisti - con Barisani e Tatafiore, per aspetti diversi alfieri traenti di situazioni che rischiano altrimenti l'implosione nell'atmosfera culturale di una città-capitale, spesso delusa del regredire a provincia, e poi con Di Ruggiero capace di autonoma mediazione nei confronti degli altri componenti del gruppo - tutto questo, appunto, giunge a costituirsi piuttosto, nelle pagine di Finizio, come rilevante contributo all'assetto critico di una larga porzione di vicende artistiche italiane, e dunque non solo napoletane.
Ne esce fuori un quadro assai più animato di quanto lo stesso suggestivo titolo non prometta, e molto più ricco di incidenze e di articolazioni rispetto ad ogni pregiudiziale riserva di chiusura e di ripiegamento su se stesso che possa fornire, in superficie, un esame della situazione culturale partenopea, dal dopoguerra ad oggi.
Santa Fizzarotti
TESTO DI SANTA FIZZAROTTI SUL CATALOGO DELLA MOSTRA PERSONALE ALLA GALLERIA CENTROSEI DI BARI- 1986
Per Gianni De Tora
Il culto del "Sole" ha radici antiche.
Fra il mito e la leggenda si è sviluppata la storia nella sua totalità: gli artisti hanno scritto le vicende degli uomini attingendo alle sacre fonti della Natura, del ciclo delle stagioni, dei movimenti celesti.
Gianni De Tora utilizza la pittura per tentare "la quadratura del cerchio" per prendere coscienza delle realtà sensibili attraverso il linguaggio geometrico, matematico e razionale.
L'artista cattura le griglie sottili della luce per ricostruire le forme delle cose.
La cultura mediterranea affiora spontanea dalle opere di De Tora che cerca soluzioni universali, sistemi archetipici, relazioni segniche, nuove istanze linguistiche.
La sua "geometria" scaturisce dalla necessità di non perdersi nel magma fluido della materia e delle passioni rispettando, in tal modo, le filosofie europee contemporanee.
I colori primari appaiono spesso inseriti in strutture essenziali come il cerchio, il triangolo, il quadrato ... all'interno delle quali abitano i simboli cosmici , dominatori del mondo.
L'artista dunque accetta il suo destino di uomo, di frammento della natura in preda alla forza dei venti, delle catastrofi, dell' imprevedibilità del linguaggio.
"La porta del tempo", " Nella notte dei tempi", “ Il sole” ... sono titoli di opere ricche di tensioni, di immagini primitive amplificate dalle mediazioni culturali che tentano di recuperare la centralità dell'esperienza sensoriale e corporea. La scoperta delle forme elementari e l'uso di un linguaggio sottilmente poetico generano una struttura iconografica e verbale che raccoglie le esaltazioni dell'artista alla conquista del principio della vita che può essere raccontata nella sua interezza soltanto dall'arte.
Silvio Zanella
TESTO DEL DIRETTORE DELLA GALLERIA CIVICA DI ARTE MODERNA DI GALLARATE PROF. SILVIO ZANELLA SUL CATALOGO DELLA MOSTRA PERSONALE ANTOLOGICA ALLA GALLERIA CIVICA DI ARTE MODERNA DI GALLARATE 1993
DELLA MENTE E ALTRO
Anche per De Tora la mostra antologica consente di verificare e rinnovare una testimonianza comune agli artisti autentici: sin dagli inizi infatti essi manifestano schiettamente di che pasta son fatti e quindi rivelano le componenti della loro personalità, che in successivi e particolari periodi possono essere in parte tacitate, ma che nella maturità e nel momento della pienezza espressiva tornano a manifestarsi.
Negli anni sessanta le esperienze iniziali di De Tora mostrano la molteplicità dei suoi interessi: la figurazione espressionista, la vitalità del segno e del colore, la forza dell'informale e della materia.
Alla fine del decennio le sue opere si affiancano alle posizioni della Nuova figurazione pur mostrando con evidenza la complessità della sua natura di uomo e di artista. Tra le influenze del fantastico e del surreale, emergono sia le immagini del reale socio-politico sia gli elementi estetici e decorativi optical, trasferiti nei valori di una forma coloristica bidimensionale mutuata dall'astrattismo concretista.
Come dire che ormai quelle opere rivelano un artista, la cui mente cerca di dare ordine alle passioni, alle sensazioni, alle percezioni ed alle estasi estetiche.
Negli anni successivi la spinta dominante l'atto creativo, proviene dalla mente ed è tale da porre in silenzio ogni altra componente della sua personalità.
Se nel '72 la ricerca della chiarezza e della semplicità di linguaggio sposta il suo interesse nel campo dell'assoluto geometrismo, già dal '74 tale assolutezza s'infrange sotto la spinta della molteplicità degli interessi concettuali dell'artista e la geometria elementare deve accompagnarsi ad altro: al razionale reticolo che stabilisce i rapporti delle forme e degli spazi, alle mutazioni strutturali, al dinamismo delle progressioni o sequenze geometriche.
Per quasi un decennio l'arte di questo pittore è speculazione mentale, tuttavia sempre riscaldata dagli slanci lirici del suo animo che riscopre ed esalta sia l'intensità magico primordiale e sacrale delle strutture geometriche elementari - il triangolo, il quadrato, il cerchio, I'”ovo”- sia la vitale e miracolosa nascita, nell'opera stessa, della luce solare per opera dei colori primari - bleu, rosso, giallo -.
Per quasi un decennio De Tora ci propone sempre nuovi racconti di ritmi, di geometrie, di cromatismi, di strutture, di armonie programmate, calcolate e perfette.
Ma arriva anche il momento, poco prima del '85, che l'intera personalità di questo artista si riappropria dell'opera ed alla mente si affiancano prepotenti i sensi creando nuovi e diversi equilibri ed ulteriori armonie.
Al rigore subentra la libertà, al calcolo il canto, alla programmazione l'emozione visuale, alla mente l'istinto: ed i suoi racconti, che partono sempre dalle precedenti sacrali figure geometriche, diventano più complessi e si arricchiscono di nuove magie, di nuovo mistero e di nuovo fascino.
Stefano De Stefano
ARTICOLO DI STEFANO DE STEFANO SUL CORRIERE DEL MEZZOGIORNO DI NAPOLI DEL 3.4.2003 X RECENSIONE EVENTO ALLA EDITRICE PIRONTI NAPOLI DEL 3.4.2003 CON IL GRUPPO MUTANDIS NELLE STANZE DELL'ARTE DI PIRONTI
Happening alle Stanze dell'Arte con attori e artisti
LE “MUTANDE” DELLA PACE
Le stanze dell'arte dell'editore Pironti tornano a vivere oggi pomeriggio alle 18 con un evento di schietta matrice pacifista. Cinque artisti infatti (più una sorniona giornalista/scrittrice) lanciano il messaggio «Mutandis for peace», un ironico quanto fermo appello alla cessazione delle ostilità in Iraq. Il nome del gruppo formato nell' occasione da Gianni De Tora, Mario Di Giulio, Michele Mautone, Rosa Pamaro, Mario Ricciardi e Eleonora Puntillo si richiama al valore del cambiamento, della trasformazione, della mutazione e dell'ambiguità, che è insita nello stesso titolo «intimo» del progetto. Meglio puntualizzato in un video realizzato.dallo stesso De Tora, dopo la costituzione del gruppo nel 1997, che lì allude al popolarissimo ma-nascosto- indumento: «Una storia incredibile - afferma infatti l'artista - fatta di eros ma anche di divieti, di accanimenti contro la libertà. Con l'avvento del terzo millennio, tuttavia, la mutanda può andare in cornice, può diventare un fatto artistico perché la donna si è finalmente liberata, può fare a meno delle mutande ... ». L'originale formazione ha da allora dato vita ad un' attività creativa ed espositiva dirompente e dissacrante. Vedi la performance concepita su un terrazzo vesuviano in cui sventolavano stese su un filo mutande colorate, su ognuna delle quali era intervenuta la mano di un artista diverso.
Oggi, invece, verrà presentata una cartella di incisioni, intitolata «Oltre il segno» con un testo di Luciano Caruso (il poeta visivo recentemente scomparso), un altro della critica Linda Irace e un terzo della stessa Puntillo. La presentazione sarà accompagnata anche da una introduzione affidata al critico Vitaliano Corbi e all'artista Mario Persico, già membro del famoso Gruppo 58 e attuale animatore napoletano del movimento Patafisico. E l'atmosfera da vero e proprio happening ci sarà tutta stasera, con la lettura dei testi affidata poi all'attore Renato Carpentieri, che sarà accompagnato alla chitarra da Michelangelo Iossa e dalla voce di Tiziana De Tora.
ARTICOLO DI STEFANO DE STEFANO SUL CORRIERE DEL MEZZOGIORNO DEL 12 MAGGIO 2004 PER RECENSIRE L'APERTURA DEGLI STUDI APERTI CON ASSOCIAZIONE 'ARTERIA' PER MAGGIO MONUMENTI DI NAPOLI
Un weekend per curiosare negli atelier degli artisti
L'idea non è nuova e risale a poco meno di vent'anni fa. Era un'altra stagione politica e culturale e Napoli affondava sotto i colpi di un'istabilità amministrativa e di una scarsissima attenzione pubblica alle cose dell’arte. Nacque così «Studi aperti», una sorta di auto-organizzazione degli stessi operatori visivi che, ciascuno mettendo in mostra il proprio specifico lavoro, bypassava musei e gallerie spalancando al pubblico le porte dei vari atelier. Idea geniale ed estremamente economica, ma non sempre facilissima sul piano operativo e quindi destinata nel corso degli anni ad alterne fortune.
Oggi a riproporla con forza — i tempi sono cambiati, l’arte inonda Napoli ma sono ancora tantissimi gli artisti a caccia di una legittima visibilità — ci pensa la neonata associazione «Arterìa» che, inserendo la manifestazione all’interno del Maggio dei Monumenti 2004, aprirà le porte di 53 studi fra venerdì, sabato e domenica ai visitatori interessanti alle produzioni di così tanti artisti napoletani. Che torneranno ad essere i veri protagonisti della propria creatività, spiegando al pubblico percorsi e idee, intavolando eventualmente con i visitatori brevi dibattiti su temi a loro a cuore. Per facilitare questo articolato itinerario è stata pubblicata la guida di «Studi Aperti» edizione 2004, strumento Informativo che traccerà mappe, indirizzi e notizie sui singoli partecipanti.
La kermesse sarà presentata al pubblico domani alle ore 18.30 al «Kestè», il locale di Largo San Giovanni Maggiore Pignatelli, 27 (di fronte all' Istituto Orientale), alla presenza dell'Assessore allo Sport ed ai Grandi Eventi, Giulia Parente —patrocinatrice dell'evento - e degli stessi artisti. Per le visite guidate, gratuite, di venerdì e sabato di maggio l'appuntamento è alle 10 in piazza Dante, all'ingresso del Convitto Vittorio Emanuele, mentre per domenica la prenotazione è obbligatoria. Gli studi sono visitabili anche liberamente consultando le disponibilità dei singoli artisti sul sito web. (…)
Importante quindi conoscere l'elenco delle possibilità offerte dalla manifestazione, a cui hanno aderito Luigi Auriemma, Mathelda Balatresi, Renato Barisani, Annamaria Bova, Raffaele Canoro, Marina Cavaniglia, l'Agenzia Controluce, Ciro De Falco, Enrico De Maio, Adriana De Manes, Luigi De Simone, Gianni De Tora, Federico De Vecchio, Gerardo Di Fiore, Roberto Donatelli, Fabio Donato, Lello Esposito, Peppe Esposito, Sergio Fermariello, Luigi Filadoro, Anna Fusco, Rosa Futuro, Sergio Gentili, Rosaria Gini, Pierre Yves Le Duc, Mariangela Levita, Emma Maida, Umberto Manzo, Raffaela Mariniello, Tobias Marx, Rosaria Matarese, Marcello Gazzella, Massimiliano Mirabella, «Mutandis», Raffaella Nappo, Rosa Panaro, Aulo Pedicini, Carmine Piro, Giuseppe Pirozzi, Quarta Pittura, Carmine Rezzuti, Clara Rezzuti, Sergio Riccio, Maria Roccasalva, Melita Rotondo, Errico Ruotolo, Mimma Russo, Marcello Simeone, Tony Stefanucci, Carla Viparelli, Salvatore Vitagliano, Marco Zagara, Oreste Zevola e Natalino Zullo.
«Questo tipo di manifestazioni - commenta Barisani, il decano degli operatori coinvolti nel progetto - è estremamente utile per l'artista che, ha modo di presentare il proprio lavoro e se stesso ad un pubblico così vasto. Per quanto mi riguarda esporrò le mie opere, soprattutto quelle più attuali e sarò felice di rispondere alle domande e fornire tutte le spiegazioni necessarie ai visitatori.Trovarsi unito nello stesso progetto, inoltre, con altri colleghi, diversi per formazione e idee, è per me positivo e stimolante».
ARTICOLO DI STEFANO DE STEFANO APPARSO SUL CORRIERE DEL MEZZOGIORNO DEL 28.1.2004 X RECENSIONE MOSTRA PERSONALE ANTOLOGICA AL MASCHIO ANGIOINO DI NAPOLI GENN.MARZO 2004
L'antologica- Astrazione e geometria nel mondo di De Tora
E' sicuramente la mostra più ampia e significativa di Gianni De Tora, la grande antologica dell'artista napoletano appena inaugurata al Castelnuovo, dove resterà fino al 19 febbraio. Nella Sala della Loggia, infatti, sono esposti lavori che testimoniano gli oltre quaranta anni di storia creativa di De Tora. La mostra si intitola "The World of signs", ovvero il mondo dei segni, ed esprime in sintesi l'indirizzo prevalente nella ricerca di uno dei protagonisti dell'astrattismo napoletano, divenuto poi figura di rilievo di quel filone nel più ampio panorama nazionale. Formatosi negli anni '60 De Tora è stato tra i fondatori del gruppo Geometria e Ricerca. Dopo alcune esperienze a Parigi e a Londra, nel 1973 con la Galleria "Numero" di Fiamma Vigo ha esposto in Mostre personali e nelle Fiere d'arte di Roma, Bologna, Dusseldorf e Basilea. Nel 1975 ha partecipato con le strutture riflesse alla X Quadriennale d'Arte di Roma. Dal 1979 al 1981 ha poi approfondito le relazioni tra opera d'arte ed ambiente. Ha esposto in gruppo al Museo del Sannio, alla Kunsthalle di Vienna, alla XVI Biennale di San Paolo del Brasile, alla Biennale di Milano, alla Biennale Internazionale Valparaiso (Cile), al Museè de Maubege (Francia), all'Art Museum of Rauma (Finlandia). Alle numerose partecipazioni a mostre collettive si sono alternate importanti personali in Italia e all' estero. Tra queste sono da segnalare quelle presso gli antichi Arsenali di Amalfi (1984), a cura di Pierre Restany; la mostra personale alle logge del Vasari, Arezzo (1985); quella presso The ltalian Cultural Centre, Vancouver (1987); al Musèe Municipal de Saint-Paul, Francia (1991); al Museo Civico di Gallarate, (1993); al Centro Polivalente Dehon, Bologna (1994); quella presso la Galerie Lauter Manneim, Germania (1994). Il pubblico del Maschio Angioino potrà quindi osservare una selezione di lavori realizzati dal 1961 ad oggi, curata dal critico Vitaliano Corbi, che documenta i momenti più significativi di questo percorso, dagli esordi delle sue prime esperienze degli anni Sessanta, che videro l'artista appena ventenne confrontarsi con una figurazione che traduceva in rigorose partiture spaziali le icone più significative del crescente immaginario di massa, fino alla fondazione del gruppo "Geometria e Ricerca" avvenuta nel 1976, con il quale l'artista individuava nella geometria una risposta coerente al problema dell'organizzazione dei molteplici segni delle sue composizioni. Il percorso della mostra è poi chiuso da alcune installazioni del tutto inedite (tra le quali "Labirinto") e da altri lavori eseguiti negli anni più recenti. Il catalogo, infine, realizzato da altrastampa edizioni, sarà venduto nel corso dell'intero periodo della mostra al prezzo di 5 euro (anziché 15 euro) in favore dell'organizzazione non governativa Emergency.
ARTICOLO DI STEFANO DE STEFANO APPARSO SUL QUOTIDIANO '' IL CORRIERE DEL MEZZOGIORNO'' DEL 5 FEBBRAIO 2009 X RECENSIONE DELLA MOSTRA COLLETTIVA ''TRACCE SEGNICHE'' A CASTEL DELL'OVO A NAPOLI TRA GENN E FEBB 2009
Collettiva- Quattro artisti da sempre alieni alle forme naturalistiche
Tracce segniche a Castel dell'Ovo- Auriemma, De Tora, Di Ruggiero e Ferrenti
Uno spaccato significativo dell'arte napoletana (e italiana) della seconda metà del Novecento. Stasera l'inaugurazione
Se, per dirla con il filosofo francese Gilles Deleuze, il massimo del senso nell'arte contemporanea lo si rintraccia all'interno della sua negazione come entità riconoscibile, nella mostra «Tracce Segni che» l'assenza di figuratività indica una dinamica esponenziale di significati possibili. Perché il ciclo curato da Rosario Pinto con il contributo di Franco Lista, visitabile da stasera alle 18 al Castel dell'Ovo (e fino al 20 febbraio), raggruppa quattro artisti che da sempre, programmaticamente, hanno rinunciato alle suggestioni delle forme naturalistiche. Parliamo di Antonio Auriemma, Gianni De Tora (scomparso nel 2007), Carmine Di Ruggiero e Giovanni Ferrenti. Il loro è uno spaccato significativo dell'arte napoletana (e italiana) della seconda metà del '900, un periodo di intenso fervore teorico e produttivo, nel segno di una grande trasversalità dei linguaggi. Un periodo tutto da riscoprire, che attende ancora di essere opportunamente risistemato criticamente, ma soprattutto stabilizzato espositivamente. E che mostre come questa contribuiscono significativamente a restituire ad una luce non sempre accesa a dovere su singoli esponenti e movimenti (come il Gruppo Geometria e Ricerca), che della dialettica figurazìone-astrazione e informale-geometrico/onirico-astratto hanno fatto il proprio filo conduttore. Sempre, comunque, nel segno della pittura e della plastica, vissuta sul filo, come scrive Pinto in catalogo, dei «controversi rapporti tra astrazione e astrattezza, tra impulsi gestuali e controllo progettuale, tra vigore contenutistico e fughe liriche». Come risulta ad esempio dal linguaggio di Carmine Di Ruggiero la cui opera vive di questa feconda evoluzione dall'astrazione geometrica alle strutture materiche «graffiate» con i segni del tempo e con vigorosi impulsi gestuali, che rivivono attraverso squarci di colore e linee solcate come trincee. Giovanni Ferrenti dà vita invece a sagome in cui l'anima meccanica e ascensionale non smarrisce mai la sua vocazione poetica ed emotiva. Decisamente più geometrica la visione di De Tora con tracce di architetture sviluppate in un confronto di forme dai colori intensi. Infine Antonio Auriemma, che dà vita a visioni sospese fra miraggi e suggestioni, legate a memorie colorate di un lirismo sempre fantastico.
ARTICOLO APPARSO SUL CORRIERE DEL MEZZOGIORNO DI NAPOLI DEL 4 FEBBRAIO 2014 X RECENSIONE DELL'INCONTRO PRESSO L'ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI NAPOLI DEL 4-2-2014
Incontri: un progetto dedicato al maestro dell'astrazione geometrica
Un passaggio importante quello fra l'Accademia di Belle Arti e il progetto di concept-exibition "Territorio Indeterminato", un ciclo itinerante dedicato a Gianni De Tora, a sei anni dalla sua scomparsa, e che nel 2013 ha coinvolto le città di Napoli, Caserta e Benevento.
Il principio intorno a cui si è sviluppato, infatti, è stato il confronto serrato tra il lavoro del maestro dell'astrazione geometrica con quello di giovani artisti come Nunzio Figliolini, Vincenzo Frattini, Salvatore Manzi e Neal Peruffo, che saranno presenti questa mattina alle 11.30 nel teatro "Antonio Nicolini".
L'incontro, moderato da Michelangelo Iossa e a cui parteciperanno Dario Giugliano, docente di Estetica all'Accademia, e Stefano Taccone curatore e docente di Storia dell'Arte Contemporanea alla Rome University of Fine Arts, si intitola: " ....E così nasce il dialogo".
Perchè è proprio nel faccia a faccia fra le produzioni di un giovane artista degli anni '60 e quelle di colleghi del tempo presente che risiede il senso dell'operazione che sceglie di relazionare generazioni e contesti epocali proprio per coglierne analogie, distanze e possibili eredità.
Le lancette dell'orologio delle avanguardie - siano quelle storiche del primo Novecento, le "neo" del dopoguerra o le "post" degli ultimi vent'anni - si divertono infatti a girare e a inseguirsi, proponendo spesso veri e propri ricorsi, concettuali se non schiettamente stilistici.
Argomento efficace anche per De Tora che è stato un protagonista della propria stagione artistica, segnata in particolare dal ventennio Sessanta-Settanta con la fondazione, in pieno spirito neoavanguardista, del gruppo "Geometria e Ricerca", uno spazio di ricerca che indagava sulla costruzione dell'opera e sul suo funzionamento, partendo dai rapporti che ne fanno una struttura, e di cui furono protagonisti Renato Barisani, Ernesto Tatafiore, Giuseppe Testa, Riccardo Riccini, Carmine Di Ruggiero e Riccardo Trapani, eredi a loro volta del gruppo Mac targato anni Cinquanta ideato dagli stessi Barisani e Tatafiore, con Renato De Fusco e Antonio Venditti.
D'altra parte il titolo dell'incontro "....e così nasce il dialogo" è uno dei versi simbolo dell' "Ode a De Tora", composizione poetica firmata dal grande critico d'arte Pierre Restany, in occasione di un'ampia mostra che l'artista tenne presso la Galleria Civica d'Arte Moderna di Gallarate nel 1993.
Da segnalare nell'occasione anche il reading a cura di Tiziana De Tora e l'esposizione dell'opera "Territorio Indeterminato", realizzata su carta del 1981, scoperta quasi per caso tra i disegni dell'artista.
Stefano Taccone
TESTO PRESENTE NEL CATALOGO DELLA MOSTRA ITINERANTE ANTOLOGICA "TERRITORIO INDETERMINATO" SVOLTASI IN VARIE SEDI TRA IL 2013 ED IL 2014
Un artista in continuo dialogo
Doveva essere un pomeriggio del febbraio del 2004 quando - ancora studente universitario e quasi completamente a digiuno di rapporti diretti con artisti in carne ed ossa, ma anche con una grande voglia e curiosità di conoscerne e confrontarmi con loro sui fatti dell’arte – decisi di tornare a visitare l’antologica che Gianni De Tora teneva proprio in quel periodo al Maschio Angioino, pur essendoci già stato un paio di settimane prima, proprio perché avevo letto nella griglia degli appuntamenti delle pagine napoletane de “La Repubblica” che l’artista sarebbe stato presente quel giorno. Avendo finalmente raggiunto l’ultimo piano - dove si trova la Sala della Loggia, che ospitava appunto la mostra –, entrai con la massima discrezione e lo trovai nel bel mezzo di un’animata discussione con altre due persone – non so chi fossero – sulla questione della tolleranza ed il rispetto reciproci tra culture e religioni – erano gli anni del post 11 settembre. Solo quando la diatriba si fu placata riuscì ad avvicinarlo ed a scambiare alcune parole con lui, così da poter sperimentare subito quanto i buoni principi che così accanitamente aveva poco prima difeso a parole fossero – cosa da non dare mai per scontata - anche profondamente radicati in lui e pienamente esperibili nei suoi modi ed atteggiamenti. Col tempo imparai anche a capire come di tale peculiare attitudine etica si potessero - senza alcuna forzatura - rinvenire corrispondenze nella sua stessa poetica: se infatti già il piglio quasi “da geometra” – prima ancora che geometrico – che connotava l’impianto generale dei suoi dipinti negli anni settanta appariva contrappuntato da una «struttura minore» indubbiamente, come rilevato da Enrico Crispolti, «molto più varia e articolata»(1) – benché linee e colori mantenessero sempre rispettivamente una politezza ed una piattezza da tavolo da progettista –, a partire dai primi anni ottanta egli instaurava un complesso dialogo tra certezza delle forme-segni e caos magmatico in cui esse risultavano immerse, facendosi così il tutto figura di una dimensione ontologico-esistenziale ove - in consonanza con un postmodernismo certo debolista ma non disperatamente nichilista – la razionalità discorsiva non smarrisce senso e dignità, ma appare sempre temperata e relativizzata dall’irriducibilità della differenza e dell’inquietudine. In termini parimenti non elitari ed autosufficienti Gianni intendeva infine i suoi rapporti con i colleghi artisti e con quanti si occupassero o si dilettassero a vario titolo di arte e di cultura in genere, desideroso di smentire quelle «convinzioni inculcate da una superficiale letteratura, che ha sempre etichettato l’artista come individualista ed egocentrico» e forte del suo aver costantemente cercato con convinzione «il confronto ed il lavoro di gruppo» non solo in occasione del celebre sodalizio di Geometria e Ricerca, ma anche nel piacere di «prendere parte a tutte quelle iniziative che possono stimolare: dialogo, provocazione estetica e nuove ipotesi destabilizzanti di una cultura retriva, stereotipata e conservatrice».(2) Da qui anche la sua particolare curiosità ed attenzione per le nuove generazioni – gliela lessi negli occhi anche quel primo giorno che lo incontrai, conscio che a Napoli non capitasse ahimè tutti i giorni che un poco più che ventenne aspirante critico si interessasse al lavoro di un artista locale ormai storico, ma non baciato, al pari della stragrande maggioranza dei colleghi operanti sul territorio, da un successo internazionale – che aveva esplicato peraltro per decenni attraverso l’insegnamento presso il liceo artistico, nonché l’idea – da me messa in pratica su sollecitazione di Stefania e Tiziana De Tora – di selezionare quattro artisti di più giovane generazione che instaurino un dialogo - puntuale ma anche assolutamente aperto ed imprevedibile – con la sua opera, associando ognuno di essi ad un decennio specifico del suo percorso maturo.Con le razionali e rigorose ma articolate composizioni che si sono dette tipiche degli anni settanta si cimenta così il neogeometrico Vincenzo Frattini (Salerno, 1978), da lungo tempo impegnato in una tutt’altro che facile conciliazione tra premesse che «fossero pure involontarie», scrive Stefania Zuliani, non possono non riconoscersi «nella grande pittura astratta del primo Novecento» (3)- con tutto il portato ideale che la connota - e contesto storico e sociale, oltre che plastico-visivo, radicalmente mutato. Con gli anni ottanta il pendolo tende nettamente verso la dissoluzione della scansione ordinata delle superfici ed in favore di campiture più vibranti e profonde, ulteriormente dinamizzate dal frequente emergere di elementi segnici. Con tale metamorfosi si relaziona Salvatore Manzi (Napoli, 1975), recentemente approdato ad un’astrazione ove senso di trascendenza, riflessione sul concetto di tempo, ispirazione neoiconoclasta e riferimento agli alfabeti dell’antichità – cui peraltro, specie in quel decennio, guardò anche De Tora – confluiscono in una pratica che rinviene proprio nel segno il suo fondamento espressivo.Gli imprevedibili rimescolamenti degli anni novanta sono interpretati da Nunzio Figliolini (Napoli, 1965) attraverso un miniciclo di quadretti-cartello che sintetizzano il suo pure inquieto percorso tra impulsività del gesto e canone geometrico, fino ad approdare all’attuale sintesi all’insegna del “digitale”. Neal Peruffo (Procida – NA, 1980), infine, si confronta con le complesse intersezioni geometriche degli ultimi anni di vita sistemando sul soffitto alcuni pannelli costellati da elementi grafici che, inizialmente solo prodotti incidentali di un procedimento matematico finalizzato alla realizzazione di composizioni musicali visive, vengono riterritorializzate come elementi in sé significanti.
1) E.Crispolti, catalogo della mostra personale , Galleria “Artecom”, Roma, novembre 1975.
2) G.De Tora, Le ragioni dell'operare, dicembre 1998
3) S.Zuliani, Esercizi di armonia, testo inedito
Stella Cervasio
ARTICOLO DI STELLA CERVASIO APPARSO SUL QUOTIDIANO “LA REPUBBLICA” NAPOLI DEL 21 GENN 2004 X RECENSIONE MOSTRA PERSONALE ANTOLOGICA AL MASCHIO ANGIOINO DI NAPOLI GENN.MARZO 2004
DE TORA, IL RITORNO – Quarant'anni d'opere tra arte e geometrie
Se dovesse indicare il suo padre ideale in arte, direbbe senza ombra di dubbio 'Leonardo'. Parte dalle sue simmetrie come teatro nel quale si inscrivono uomo e natura, l'arte di Gianni De Tora, scenografo di geometrie. The World of Signs, la mostra che s'inaugura oggi alle 18.30 nella Sala della Loggia del MaschioAngioino, ricollega Napoli ai quarant' anni di una carriera che parte da Napoli e vi fa ritorno, nello studio suggestivo di Villa Faggella a Capodimonte, ma si irradia da Milano verso l'Europa. Una rìcerca autentica e profonda come la sua non darà mai forfait: "In questa mostra presento un' opera in digitale che analizza i segni di alcune mie opere. Accanto a questa, nel catalogo - spiega De Tora - ho messo una frase di Liotard "l'informatizzazione non sostituirà mai l'attività artistica, perché c'è qualcosa che non ancora deve essere scritto". Per il lavoro dell'artista, pur senza dìsdegnare la storia, ogni nuova sperimentazione costituisce sicuro motivo di interesse». Ed è così che Napoli dedica la prima personale all' artista casertano di nascita (1941), un'antologica improntata alla misura della sintesi, che si apre con le prove figurative dei primi anni '60 (un paesaggio morandiano ne misura già il rigore), passando al neo figurativismo degli inoltrati '60, dove la denuncia non violenta del Vietnam e il dubbio esistenziale scaturito dalla conquista dello spazio si misura pur sempre con quelli che il critico francese Pierre Restany riconosce i caratteri propri della "natura scenografica dell'universo di De Tora». Il passaggio all'astrazione avviene quasi naturalmente, con la figurazione che, dice Corbi, «viene espunta». «Resta», ma non è giusto dirlo, perché in realtà c'era già prima, la struttura geometrica e l'uso del colore come forma, storicamente «figlio» di quella linea che arriva fino a noi attraverso Mondrian e Rothko. Siamo giunti così alla fase centrale del percorso di De Tora, quella in cui si costituisce con Di Ruggiero, Riccini, Guido Tatafiore, Testa e Trapani il gruppo Geometria e ricerca nato nel 76. Enrico Crispolti individuò in questo fare geometrico «hard» di stretta osservanza, la presenza di una mutazione di natura. Infatti nelle composizioni controllate severamente dalla geometria, pare si aprano delle «finestre», squarci di luce. Negli anni '90 Gillo Dorfles noterà che quella simmetria De Tora giocherà a violarla. Nuove porte saranno usate per entrare nel dominio di Flatland, il romanzo inglese del 1882 che suggeriva altre geometrie oltre quelle euclidee. Ed entriamo nell'ambito della ricerca della quarta dimensione di Duchamp, come De Tora dimostra con la sua Croce strabica del '99. Due le opere inedite esposte: un labirinto in ferro smaltato a fuoco formato da 4 cubi ciascuno di un colore primario, il bianco contiene una forma di ovoide riempita di acqua di mare e sabbia. C'è poi una piramide-casa che si vedrà al centro della sala con un ovoide- seme coperto di sabbia, simbolo di germinazione e crescita.
STRALCIO DALL'ARTICOLO DI RENATA CARAGLIANO E STELLA CERVASIO APPARSO SU REPUBBLICA DEL 13 GIUGNO 2007 X RECENSIONE ARTISTI NAPOLETANI PRESENTI ALLA 52° BIENNALE DI VENEZIA- 2007
A Venezia un curatore partenopeo per il Brasile....
Sangue e choc sulla Laguna -Napoli incanta la Biennale
…..........Napoli era presente anche, oltre che con Vettor Pisani e Shimamoto portati dalla Fondazione Morra, con il Pan che in trasferta a bordo della barca "Fusina", ancorata in laguna davanti all'ingresso dei padiglioni della Biennale a Giardini, ha avuto ospiti illustri come Matthèw Barney, Marina Abramovic e Luigi Ontani che sono stati intervistati e trasmessi in diretta su una serie di frequenze radio e in streaming al computer. Ai visitatori sono state distribuite radioline per ascoltare la voce degli artisti. A un'altra delle tappe in giro per Venezia satura d'arte, ha partecipato Gianni De Tora, che con altri artisti, è stato invitato a ricordare il critico Pierre Restany nell'installazione "Camera 312", che ricostruisce la stanza d'albergo milanese in cui visse. La scoperta è che la cura di uno dei padiglioni nazionali, quello del Brasile, è stata affidata a un giovane napoletano, Jacopo Crivelli Visconti.......
Tiziana De Tora
ARTICOLO DI TIZIANA DE TORA APPARSO SU CRONACHE DI NAPOLI DEL 7.3.1999 X RECENSIONE MOSTRA PERSONALE ALLA GALLERIA AVIDA DOLLARS DI MILANO 1999
Lo “strabismo” della geometria - in mostra a Milano i dipinti e i disegni di Gianni De Tora
La Galleria Avida Dollars ospita la mostra personale di Gianni De Tora, intitolata "L'occhio strabico". L'artista napoletano presenta, infatti, una serie di opere legate da un unico fil rouge : una visione strabica della geometria. In costante dialettica con le esperienze artistiche internazionali, in particolare con l'astrazione americana, De Tora in questi lavori tende a destabilizzare i principali simboli della nostra cultura, a partire dalla "Croce strabica", che é l'esempio di una "inedita 'apertura' verso l'indeterminatezza e l 'asimmetria ", come afferma acutamente Gillo Dorfles nella testimonianza critica presente in catalogo.
La materia iconologica della croce attraversa tutta la storia dell'uomo, a partire dall'era cristiana. Lo stesso artista afferma ''E' il simbolo cardine delle varie civiltà, ed io l'ho voluto mettere in discussione, invitando esplicitamente il fruitore a liberarsi della visione idealistica ereditaria, per prendere in considerazione i vari simboli che costituiscono l'ambiente e guardarli creativamente".
In queste opere, infatti, De Tora analizza le figure geometriche primarie - cerchio, quadrato e triangolo - da sempre affrontate e studiate da punti di vista continuamente differenti, sin dagli anni Settanta, quando fu tra i fondatori del celebre gruppo “Geometria e Ricerca” - insieme a Barisani, Tatafiore, Testa, Trapani, Di Ruggiero e Riccini - in seno al quale operò un'analisi delle strutture riflesse, spingendosi sempre al di là della costruzione dell'immagine stessa ed evocando esperienze minimali.
Questa nuova visione della geometria spinge oggi l'artista verso una dimensione addirittura metafisica, con la predominanza costante del colore nero, utilizzato non come assenza, ma anzi contenitore di tutti i colori dell'iride. Il nero, infatti, assume qualità sempre nuove in tutto il lavoro di De Tora: dal matto, al lucido, al riflettente, diventando "un colore interiore" (Kandijnskij), "il colore di chi cerca di approfondire, piuttosto che elargire le proprie idee" (Nadia Julien).
Ecco, l'artista, in queste ultime creazioni, sente la chiara esigenza di entrare nel mistero dell' ignoto, per scoprire nuove dimensioni della materia cosmica: il nero, infatti, dialoga con il blu oltremare, colore primario - utilizzato sempre insieme al rosso e al giallo - che ora, invece, assume il ruolo solitario di protagonista, come veicolo di esplorazione del mistero dell'universo. "Non posso fare a meno del colore" ha, infatti, dichiarato De Tora, sottolineando le origini mediterranee sempre presenti nella sua ricerca pittorica, esplicitate dall'inserimento di simboli segnici attinti alle civiltà antiche che, decontestualizzati e reinventati, assumono ora un valore mentale, concettuale della sua memoria visiva.
La sua ricerca non si ferma, però, all'uso del colore, ma invade anche la struttura stessa dell'opera, che diventa una pitto-scultura, con l'aggiunta di materiali quali le lamiere d'acciaio, elemento riflettente ed illuminante, in contrasto con il nero, nonché il ferro ed il legno, utilizzati non più come telaio, ma come presenze a sé stanti. Questo recupero della pittura attraverso la terza dimensione non é discorso nuovo per l'artista napoletano, che già negli anni Ottanta studiava le relazioni tra opera e ambiente, realizzando sequenze basate sul concetto della reiterazione e della regolarità "assoluta" tra verticale e orizzontale. Tema messo ancor più in discussione in questi ultimi anni di ricerca, nei quali De Tora ha iniziato a sperimentare nuove possibilità della geometria, affrontando anche esperienze di Mail-art (libri d'artista) e manipolazione di nuovi materiali.
Le opere in esposizione esplicitano la volontà di De Tora di allontanarsi dalla rigorosa simmetria della geometria classica, considerando la pittura "come pura coscienza" ...afferma Pierre Restany ed esplorando "una via più pronta - rileva Dorfles - ad adeguarsi all'epoca - così drammatica e poco 'equilibrata' - in cui viviamo".
La mostra resterà aperta fino al 19 marzo.
ARTICOLO DI TIZIANA DE TORA APPARSO SUL QUOTIDIANO '' NAPOLI Più'' DEL MAGGIO 1999 X RECENSIONE DELLA MOSTRA ''GENER-AZIONI'' A VILLA CAMPOLIETO AD ERCOLANO (NAPOLI) DAL 23 AL 30 MAGGIO 1999
A Villa Campolieto – Gener-Azioni
Si è inaugurata la scorsa domenica, nella suggestiva ''location'' di Villa Campolieto a Ercolano, l'interessante mostra di 'Gener-azioni', formazione che raccoglie al suo interno sei artisti di stili e generazioni, appunto, diverse.
Differenze stilistiche e anagrafiche che, però, trovano un comune denominatore nella ricerca di un linguaggio pittorico inteso come impegno conoscitivo ed etico : '' il ricorso a una poetica visiva tendenzialmente aniconica – ricorda Riccardo Notte nella prefazione al catalogo della mostra di Ercolano – originata da scelte personali o, nel caso degli artisti più anziani, da analisi e vicende teoriche che affondano le loro radici in alcuni momenti salienti e ben noti del dibattito estetico di questo secolo''.
Renato Barisani, Domenico Spinosa, Carmine Di Ruggiero, Gianni De Tora, Mario Lanzione, Antonio Manfredi: sei autori che analizzano i segni di rinnovamento estetico di generazioni ed esperienze stilistiche diverse, dalla ricerca materico-informale all'analisi della struttura geometrica più rigorosa.
TESTO DI PRESENTAZIONE DI TIZIANA DE TORA PER LA MOSTRA PERSONALE “ SPAZIO, GEOMETRIE DEL TEMPO” PRESSO IL PALAZZO DELLE ARTI DI CAPODRISE (CE) 2018
In cerca di mio padre
Un ARTISTA rigoroso. Mai passivo al compromesso e alla compiacenza.
Un UOMO dalla personalità eclettica.
Un INTELLETTUALE impegnato e partecipe delle svolte socio-politiche e culturali del nostro tempo.
La GEOMETRIA il suo linguaggio primario.
La RICERCA la sua legge morale.
Il DIALOGO ed il confronto i punti cardine del suo operato.
Un UOMO LIBERO: dagli stereotipi e dalle etichette, aperto alle collaborazioni con artisti di tutte le
generazioni, maestri, giovani o studenti.
Un ESTETA dell’architettura sociale, dalle tinte accese di un animo mediterraneo.
Un ARTISTA MODERNO, un visionario e un sognatore.
Un POETA dello spazio.
Tiziana Tricarico
ARTICOLO DI TIZIANA TRICARICO APPARSO SUL MATTINO DI NAPOLI DEL 22.1.2004 X RECENSIONE MOSTRA PERSONALE ANTOLOGICA AL MASCHIO ANGIOINO DI NAPOLI GENN.MARZO 2004
Ieri sera l'inaugurazione a Castelnuovo-
DE TORA, UN MONDO DI SEGNI GEOMETRICI E UN SOGNO D'ARTISTA LUNGO QUARANT'ANNI
Il mondo dei segni, dove forme e colori primari costruiscono geometrie perfette. Ed elaborano un linguaggio universale. «The WorId of Signs» è la personale di Gianni De Tora inaugurata ieri sera nella Sala della Loggia del Maschio Angioino (fino al 19 febbraio: lun/sab ore 9-19). Da vent'anni l'artista casertano mancava da Napoli: ora, dopo aver esposto in Canada, Germania e Francia e con altri due appuntamenti di prestigio in vista; la Svizzera (a marzo) e New York (a maggio), De Tora presenta a Castelnuovo un riassunto del suo percorso artistico.
Questa antologica, curata da Vitaliano Corbi, documenta attraverso una serie di opere realizzate tra il 1961 ed oggi, i momenti più significativi dell'arte di De Tora, tra i protagonisti della ricerca astratta a Napoli e figura di rilievo nel panorama nazionale. Dalle prime esperienze degli anni '60, con una figurazione che traduce in immagini liriche il paesaggio mediterraneo, ma anche in rigorose partiture spaziali il periodo di partecipazione alle manifestazioni di lotta sociale (le opere contro l'imperialismo e la guerra del Vietnam). Attraverso l'informale, dove l'artista azzera l'immagine e l'essere umano ed incomincia ad organizzare segni e geometrie. Fino alla fondazione del gruppo «Geometria e Ricerca» (1976),grazie al quale De Tora individua nella geometria una risposta coerente al problema dell'organizzazione dei segni. Nelle opere degli anni '80 evidenti sono le citazioni da Leonardo, con la geometria che diviene quel «codice universale che ha attraversato la storia dell'uomo».
Chiudono la mostra, realizzata con il contributo dell'assessorato alla Cultura del Comune, lavori recenti tra cui uno in digitale (“L'informatizzazione può veicolare l'immagine ma resta un mezzo: chi comanda il computer è sempre l'uomo”) e due installazioni inedite. La prima - «Labirinto 2003» sulla terrazza della Sala è composta da cinque cubi (uno racchiude un ovoide che contiene ac- qua di mare e sabbia) in ideale dialogo con le torri circostanti; la seconda - «Piramide 2003» - è una conversazione con il passato, con il solido che racchiude e protegge un seme di civiltà ed un nucleo di colori primari, l'essenza della pittura. Durante l'affollato vernissage sono stati letti contributi critici di Mario Costa, Riccardo Notte e del compianto Pierre Restany, mentre Tiziana De Tora ha recitato alcune poesie in tema con le opere in mostra; ha chiuso la serata la performance vocale ''Geometrie Musicali'' di Carlo Lomanto.
ARTICOLO DI TIZIANA TRICARICO DEL 20.1.2004 APPARSO SUL MATTINO DI NAPOLI X RECENSIONE MOSTRA PERSONALE ANTOLOGICA AL MASCHIO ANGIOINO A NAPOLI GENN.FEBB.2004
De Tora a Castelnuovo
«The World of Signs» è la personale di Gianni De Tora che s'inaugura domani sera alle 18,30 nella Sala della Loggia del Maschio Angioino. La mostra antologica, curata da Vitaliano Corbì, documenta attraverso una serie di opere, realizzate dal 1961 ad oggi, i momenti più significativi del percorso artistico di De Tora, tra i protagonisti della ricerca astratta a Napoli e figura di rilievo nel più ampio panorama nazionale. Dalle sue prime esperienze artistiche degli anni '60, con una figurazione che traduceva in rigorose partiture spazialì le icone dell' «ìmagerie di massa, sino alla fondazione del gruppo Geometria e Ricerca,(1976), grazie al quale De Tora individua nella geometria una risposta coerente al problema dell'organizzazione dei segni. Chiudono la mostra, realizzata con il contributo dell' assessorato alla Cultura del Comune, alcune installazioni inedite e lavori degli anni recenti. Durante il vernissage contributi critici di Mario Costa, Riccardo Notte e del compianto Pierre Restany. Il ricavato del catalogo (altrastampa edizioni) andrà in favore di Emergency.
ARTICOLO DI TIZIANA TRICARCO APPARSO SUL MATTINO DI NAPOLI DEL 12.3.2004 X RECENSIONE MOSTRA PERSONALE ANTOLOGICA AL MASCHIO ANGIOINO DI NAPOLI GENN.FEBBR.2004
Il mondo dei segni di Gianni De Tora
Un percorso artistico cominciato oltre quarant'anni fa ricostruito in «The World of Signs», la personale di Gianni De Tora che si concluderà domani sera nella Sala della Loggia del Maschio Angioino. La mostra antologica, curata da Vitaliano Corbi, documenta attraverso una serie di opere, realizzate tra il 1961 ed oggi, momenti più significativi dell'arte di De Tora, tra i protagonisti della ricerca astratta a Napoli e figura di rilievo nel panorama nazionale. Le prime esperienze degli anni '60, con una figurazione che traduce in immagini liriche il paesaggio mediterraneo, ma anche in rigorose partiture spaziali il periodo di partecipazione alle manifestazioni di lotta sociale. Il periodo informale, dove l'artista azzera l'immagine e l'essere umano ed incomincia ad organizzare segni e geometrie. Fino alla fondazione del gruppo «Geometria e Ricerca» (1976). grazie al quale De Tora individua proprio nella geometria una risposta coerente al problema dell'organizzazione dei segni. E quelle opere degli anni '80 in cui sono evidenti le citazioni di Leonardo, con la geometria che diviene quel «codice universale che ha attraversato la storia dell'uomo». A chiudere la mostra, realizzata con il contributo dell'assessorato comunale alla Cultura, lavori degli anni recenti e due installazioni inedite: una «Piramide» ed un «Labirinto». Proventi del catalogo (Altrastampa edizioni) in favore di Emergency .
ARTICOLO DI TIZIANA TRICARICO SU IL MATTINO NAPOLI DEL 20.1.2008 X RECENSIONE MOSTRA PERSONALE ALLA GALLERIA MA MOVIMENTO APERTO NAPOLI 2008
L'ESPOSIZIONE
De Tora, l'America dopo le Twin Towers
BUIO. Una gigantografia delle Torri Gemelle scomposta in venti tessere e la parete adiacente sono lo sfondo dove scorrono le immagini di un video realizzato da Gianni De Tora nel suo viaggio a NewYork. L'ultimo dell'artista napoletano, scomparso lo scorso mese di giugno. E un'oscurità musicale ad accogliere i visitatori di «America», la personale di Gianni De Tora di scena al MA-Movimento Aperto, l'associazione culturale di Ilia Tufano in via Duomo 290/c (piazza Filangieri).
La mostra presenta sette opere - colori acrilici ed inserti fotografici e non su carta intelata - accompagnate da alcune poesie contro la guerra (a cominciare da quella sul Vietnam) scritte dall'artista, più un'istallazione video: sono gli ultimi lavori dedicati agli Stati Uniti, in particolare a New York, città contraddittoria che Gianni De Tora aveva visitato dopo il crollo delle Twin Towers ed alla quale era legato da un controverso rapporto di attrazione e critica.
Minimalista ed essenziale nella sua carica espressiva, l'opera centrale, l'ultima realizzata - datata 2005 e già esposta in precedenza a Milano - è un grido silenzioso contro la guerra. Una dimostrazione evidente che non tutto è catalogabile come bianco o nero ma che esistono infinite porzioni di grigio in due tele quasi gemelle, omaggio ai tragicamente famosi grattacieli newyorkesi. L'11 settembre aveva sconvolto anche la sensibilità dell'artista: «violenza immensa /immagini irreali di fantascienza /tutto in un attimo/ si ferma il mondo / grande nube di fuoco», scrive De Tora convinto del grande valore dell' arte per la pace.
C'è anche la mano della figlia Tiziana negli altri lavori in mostra, torri con inserti e collages che richiamano un immaginario pop tutto americano: Cristoforo Colombo con una delle tre caravelle, il generale Custer, il ponte di Brooklyn, la Casa Bianca, soldati in guerra, Ground 0. L'esposizione sarà visitabile fino a 16 febbraio (mercoledì, giovedì e venerdì ore 17-19) : il 25 gennaio, alle ore 16.30, nella Saletta della Loggia del Maschio Angioino si terrà un incontro (coordinato da Donatella Gallone) dedicato all' artista scomparso, con interventi di Nicola Od- dati, Marinetta Picone Petrusa, Vitaliano Corbi e Dario Giugliano che ha curato il testo di presentazione.